martedì 28 giugno 2011
Posetitel Muzeya (Visitor of a museum) di Konstantin Lopushansky
Questo Lopushansky, prima di mettersi in proprio, è stato assistente di produzione per Tarkovskij durante la realizzazione di Stalker ed è evidente che questa esperienza deve averlo influenzato profondamente per quanto riguarda la regia e determinate scelte stilistiche.
Posetitel Muzeya è infatti un'altra camminata in una zona proibita e profondamente degradata, incorniciata da una regia dai tempi estremamente dilatati che sono scanditi da diversi piani sequenza o semplici scene particolarmente distese e silenziose.
Questa "discrezione" del regista è bilanciata dalle alcune caratteristiche che riguardano fotografia e colori. Visitor of a museum è un film così scuro che seguirlo diventa quasi faticoso, nella maggior parte dei casi i lineamenti dei personaggi sono distinguibili solo grazie alla poca luce rossastra delle fiamme accese di fronte alle finestre, e anche quando sono alla luce del sole, le immagini risultano torbide come l'ambiente malsano e tossico in cui si svolgono.
Altra scelta particolarmente straniante è quella di far avvertire al protagonista (rigorosamente senza nome) la presenza dello spettatore o di una qualche presenza che osserva alle sue spalle.
Come in Stalker, il protagonista si muove tra paesaggi desolati e desolanti, ma se nel film di Tarkovskij era la natura con le sue forze misteriose a dominare, qui tutto è immerso nel degrado più totale di una città/società andata in pezzi. Fin da subito il visitatore si muove tra montagne di rifiuti e ammassi di rottami che ricoprono luoghi ormai privi di vita. L'unica popolazione è costituita da pochi individui "normali" e dall'imprecisata massa dei "degenerati", un gruppo di persone deformi e malate nate in seguito alla catastrofe che ha colpito quei luoghi. Queste creature vivono confinate all'interno di riserve e mantengono viva una forma rudimentale di religione il cui unico rito consiste in una preghiera urlata con insistenza dai fedeli: "Lasciami andare via da qui" (via dalla riserva ? da quel mondo ? dalla vita ? non si sa), mentre gli individui normali hanno definitivamente rinunciato alla fede.
La flora e la fauna messe in scena da Lopushansky formano un mondo terribile e deprimente, e i veri volti deformi dei degenerati, le cui mostruosità vengono accentuate dal particolare uso della luce, contribuiscono a rendere Visitor of a museum un film davvero disturbante.
Insomma anche questo Posetitel Muzeya è un film "fantascientifico", ma di quella fantascienza che sfrutta l'etichetta di un genere cinematografico solo per parlare di temi più alti e complessi, la religione e la distruzione dell'ambiente da parte dell'uomo (tema quest'ultimo che ricorre spesso nel cinema di Lopushansky). Forse hanno ragione gli individui rimasti sani, dio non esiste o, se esiste, ha definitivamente voltato le spalle all'uomo e alle sue colpe. Oppure hanno ragione i degenerati, che con la loro primitiva forma di religione credono ancora che dio possa liberarli definitivamente dalle loro pene. Allo spettatore l'ardua sentenza...
Per concludere, non mi ha convinto del tutto. Storia e approccio registico sono interessanti e valgono sicuramente una visione, il resto però non mi pare nulla di eccezionale. A mio avviso la conclusione delude un pò le aspettative e non è all'altezza delle interessanti premesse che si creano nei primi minuti.
La svolta che si verifica nell'ultima parte mi pare piuttosto banale, quindi tutto quello che è successo prima appare improvvisamente sproporzionato e superfluo. Se in Stalker (lo so, probabilmente è ingiusto continuare a paragonarli) le immagini erano sempre appaganti e mai dei vuoti riempitivi, qui alla fine ci si chiede se fosse davvero tutto fondamentale ai fini della narrazione. Forse si poteva sforbiciare qua e la qualche delirio del protagonista o qualche scena notturna.
Comunque pur prendendo una direzione "facile" ha il grande merito di costringere lo spettatore a riflettere, e inoltre riesce a costruire un'ambientazione spaventosamente suggestiva con mezzi estremamente poveri e artigianali.
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