sabato 18 febbraio 2012

Black Christmas di Bob Clark



Avevo visto prima il remake del 2006, mea culpa, l'originale è su tutt'altro livello.
La trama in breve: le inquiline di una sorority house si preparano a festeggiare il Natale, una di loro però sembra scomparsa nel nulla e le altre vengono tormentate dalle telefonate di un maniaco che di volta in volta parla con la voce di un uomo, di un bambino e di una donna.
Se non si considera Reazione a catena di Mario Bava, Black Christmas (anche noto come Silent Night, Evil Night) è il padre dello slasher americano, anche se nel panorama del genere mantiene una sua personalità ben distinta. Intanto non è particolarmente generoso con sangue e frattaglie, anzi, se si escludono i ritrovamenti delle varie vittime, la morte rimane sempre confinata al fuori campo. E poi manca l'assassino, o meglio, c'è ma non si vede, un guardone perennemente nascosto dietro qualche finestra o qualche porta socchiusa, solo ogni tanto l'inquadratura ci rivela il suo punto di vista con delle soggettive che ricordano un pò quelle dei gialli di Dario Argento. E sono proprio questi due aspetti a rendere Black Christmas un horror particolarmente raffinato, perché piuttosto che mettere in campo una presenza fisica minacciosa e qualche sventramento, preferisce puntare tutto sulla costruzione della tensione e della paura, attraverso una regia discreta che riesce a rendere sinistra e ostile l'ambientazione domestica.
Manca il truculento ma il film colpisce per altre cose, ad esempio si parla di aborto in termini piuttosto forti, e la prima vittima del misterioso assassino è una bambina. Anche le telefonate del maniaco si fanno via via sempre più inquietanti, partono con il classico respiro affannoso e finiscono con minacce di morte, urla agghiaccianti e folli discussioni tra personalità diverse di uno stesso individuo.
E poi appunto Clark va controtenedenza e lascia l'assassino sempre nell'ombra, mostrandoci solo un occhio spalancato nel buio. Una scelta originale considerando che la caratteristica imprescindibile degli slasher successivi sarà il racconto o il flashback delle origini del cattivone di turno, un racconto che sempre più spesso sfocia nel ridicolo.
Insomma Black Christmas è uno dei pochi esponenti di questo genere che non tratta lo spettatore come un imbecille interessato solo al body count, nella parte centrale si accascia un pò ma nell'insieme fa bene il suo dovere. Tutto quel finale vale più di mille parole, oggi una cosa del genere per molti registi sarebbe impensabile, eppure non ci vuole niente.

2 commenti:

  1. Uno dei miei horror preferito. Mi piace praticamente ogni cosa, comprese le scene all'esterno della casa, poche, ma incisive, che ben costruiscono le dinamiche dei personaggi.

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  2. Il bello è che non stonano nemmeno i piccoli diversivi comici, come l'agente tontolone e la padrona di casa alcolizzata. Di solito questo tipo di elementi, se male inseriti, rischiano di far scadere tutto nel grottesco.

    E' vero, anche scene fuori dalla casa funzionano bene, non spezzano troppo il ritmo e non allentano la tensione.

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