lunedì 22 agosto 2011

Oxford Murders di Alex de la Iglesia


Bah leggendo le numerosissime recensioni negative mi aspettavo il peggio del peggio, invece non è affatto da buttare.
E' un whodunit piuttosto classico dalle premesse molto interessanti: Martin (Elijah Wood) è uno studente di matematica, o almeno credo, che finalmente ha la possibilità di realizzare il sogno della sua vita, studiare ad Oxford come ricercatore straniero e scrivere una tesi insieme al geniale Arthur Sheldon.
Dopo pochi giorni però la donna che lo ospita viene assassinata, il colpevole è qualcuno che conosce Sheldon e vuole sfidare la sua intelligenza con una serie di delitti. Martin e il suo mentore accettano la sfida e decidono di usare le loro particolari capacità deduttive per scoprire l'identità dell'assassino.
L'inizio non è affatto male e il ritmo mi pare piuttosto serrato grazie a una regia particolarmente vivace e dinamica, poi si accascia un pò nella parte centrale e rimonta nella sequenza della festa del 5 novembre e nel finale. Quindi personalmente non mi spiego la noia insopportabile percepita da tantissimi spettatori, e il bello è che prima di questo avevo visto già un paio di film ed ero piuttosto stanco.
Anche come giallo nella prima parte funziona discretamente, un pò per la validissima realizzazione tecnica, un pò per i divertenti battibecchi tra Martin e Arthur sull'attuabilità di un delitto perfetto e impercettibile (simpatica la storia di Howard Green). Mi ha colpito anche la ricchezza di dettagli e possibili interpretazioni che vengono sbandierate davanti allo spettatore.
Altro pregio è il tono leggero e un pò grottesco (la storia di Kalman) di tutta la faccenda, che a tratti ricorda uno dei racconti di Sherlock Holmes. C'è l'ispettore di polizia un pò ingenuo che si affida completamente alla coppia di matematici e non riesce a stare dietro alle loro deduzioni (un pò come per la coppia Holmes-Watson), e tanti altri personaggi al limite del caricaturale come Mrs Eagleton (Anna Massey, che con il giallo ha una certa dimestichezza), la nevrotica Beth (Julie Cox) con gli occhi perennemente spalancati... E poi c'è Dominique Pinon!
Ma passiamo ai difetti, o meglio, al difetto principale, il finale. Di per se non è malissimo, però, come forse avrebbe pensato Hitchcock, è disonesto nei confronti dello spettatore. Non tanto perché non ci fornisce le informazioni necessarie per arrivare alla verità, come ormai capita normalmente nei thriller, ma perché ci piazza subito davanti tante versioni sbagliate o incomplete. E poi c'è un'altra trovata di cui si abusa davvero troppo nei "gialli" moderni, il finale doppio o addirittura triplo che aggiunge rivelazioni su rivelazioni. A dirla tutta è proprio un colpo di scena banale e sottotono rispetto a ciò che sarebbe lecito aspettarsi dopo delle premesse così entusiasmanti. C'è da dire però che la situazione che si crea nell'ultimo delitto è abbastanza forte.
Nelle recensioni viene massacrato anche il cast, ma io mi sento di bocciare solo Elijah Wood, completamente fuori parte. Molto belle invece Julie Cox e la procace Leonor Watling, e non lo dico per le scene in topless, è proprio una bella donzella.
Visto che è l'adattamento di un romanzo, immagino si possa parlare di "lavoro su commissione", il classico film che un regista creativo è costretto a fare per poter lavorare ai progetti che gli interessano veramente. Eppure nonostante questo Alex de la Iglesia fa un lavoro registico notevole, veloce e dinamico. Basta guardare il lungo e complicatissimo piano sequenza che mostra tutti i personaggi principali prima della scoperta del primo delitto. La macchina da presa inquadra il viso di Beth nella sala delle prove, poi inizia a muoversi pedinando Dominique Pinon fin dentro una libreria, dopodiché piano piano esce dal negozio e incrocia John Hurt che percorre il marciapiede a passo svelto, lo segue per un pò inquadrandolo di profilo finché non incrocia Elijah Wood in bici, quindi inizia a seguire lui fino a casa. Quando l'attore si ferma e scende dalla bici, la macchina da presa svolta a sinistra e viene sollevata fino ad entrare dentro la finestra del primo piano dove fa una panoramica della stanza e finalmente inquadra il corpo della prima vittima. Sicuramente c'è qualche taglio o qualche trucchetto digitale, però quanto è bello!

Ora passo ai film più sentiti dal regista.
Bella la storia su Wittgenstein che scrive il Tractatus sul campo di battaglia in mezzo al fuoco incrociato. Immagino sia una licenza poetica, ma se fosse vero guadagnerebbe ancora più stima.

Anche voi siete tra i tanti detrattori ? Lo avete visto ? Qualcuno mi sta leggendo ? Commentate! Qui è tanto freddo e buio.

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